IL DISCORSO DI ADDIO DI VIRGINIA RAGGI

È pronto il discorso di addio di Virginia Raggi: «Cari cittadini, in questi anni così difficili per la città, l’Italia, il mondo, ce l’ho messa tutta, ma non sono riuscita a realizzare il mio progetto quindi non mi ricandiderò.

Troppe le circostanze avverse, non sempre adeguate le mie forze. Sottraendomi alla competizione elettorale spero di facilitare la scelta della persona giusta per continuare nello sforzo immane di risanare Roma.

Il mio amore per questa città è più forte del comprensibile, umano desiderio di provare, con un eventuale secondo mandato, a completare un disegno rimasto purtroppo incompiuto.

Desidero essere ricordata perciò che ho tentato di fare e per il consapevole gesto di rinuncia che oggi davanti a voi ho compiuto».

Corrado Augias ha scritto il discorso di addio di Virginia Raggi

Questo discorso di addio di Virginia Raggi è stato scritto da un gost writer d’eccezione, Corrado Augias, che lo ha vergato per “una signora arrivata per caso in Campidoglio, che ha dimostrato in questi anni la sua inadeguatezza all’incarico”.

“Una signora chiaramente smarrita in un ginepraio sfuggito alle sue capacità di controllo… dotata di un’ambizione fuori misura rispetto alle sue doti”.

Corrado Augias, oltre a scrivere la lettera di addio di Virginia Raggi, le invia anche un consiglio che vale molto più oro del peso della Sindaca: “Se fossi in lei coglierei la prima occasione per pronunciare un discorso di alta e nobile ispirazione. Il tono non dovrebbe essere altisonante, al contrario dimesso e come percorso da una sottile vena di dolente malinconia”.

Non pensiamo che il discorso di addio di Virginia Raggi verrà mai letto, anche perchè abbiamo il sospetto che più di ogni cosa la spaventi il ritorno all’anonimato da dove proviene.

Virginia Raggi, inoltre, in questi anni non ha compreso la dura verità, ovvero che amministrare Roma è un’impresa che richiede competenze professionali e qualità personali che lei non possiede. Non a caso Roma ormai è passata dall’essere La Grande Bellezza, alla Grande Schifezza.