VIETARE UN MUSEO È UN ERRORE, ANCHE SE È SUL FASCISMO

Vietare un museo sul Fascismo proprio a Roma, città dove ha governato e dove le tracce architettoniche sono lampanti, è peggio che nascondere la polvere sotto il tappeto. La storia non si può cancellare, che piaccia o meno.

Questo perché l’analisi e la conoscenza del proprio passato, con strumenti adeguati e storicamente ineccepibili, dovrebbero costituire il DNA di qualsiasi nazione moderna.

LO DICIAMO SUBITO. Siamo favorevoli ad un museo di alto profilo storico e documentale, non certo ad un luogo celebrativo di un periodo determinante per la vita del nostro Paese e poco conosciuto dalle nuove generazioni, ma sicuramente nefasto per le sue terribili conseguenze.

NE AVEVANO AZZECCATA UNA. Per una volta che qualcuno dei 5 Stelle aveva avuto un barlume di ingegno culturale proponendo un museo, la Raggi lo ha ottusamente bloccato dichiarando: «Roma è una città antifascista».

GRAVE ERRORE. Un ventennio ed una guerra che hanno cambiato profondamente l’Italia non possono essere ignorati come se nulla fosse accaduto. Meritano un approfondimento oggettivo.
A meno di non volere andare a braccetto con quegli imbecilli che abbattono le statue del passato per revisionare la storia, divenendo così delinquenti calzati e vestiti.

UN MUSEO ripercorre filologicamente un periodo storico, con il dovere morale di essere super partes, indipendentemente dai protagonisti dell’epoca.

LA GARANZIA dovrà venire da un rigoroso Comitato Scientifico, composto da autorevoli studiosi del Fascismo, tra i quali non possono e non devono mancare rappresentanti della Comunità Ebraica ed esponenti di chiara e specchiata reputazione.

Spazio anche ad autorevoli rappresentanti del mondo associazionistico purché non siano di parte, come lo è ad esempio l’ANPI, che non dovrà essere coinvolta. La finalità è tutelare la terzietà ed indipendenza nei confronti delle parti in causa.

UNO STORICO che si trovi a scrivere un saggio sul Fascismo di sicuro non lo intitolerà “Saggio sull’antifascismo”. È la verità documentale che dà le risposte ed è quella che conta.

UN VETO SENZA SENSO. Il fatto di essere antifascisti, dunque, non confligge con un percorso culturale che presenti gli eventi in modo scevro dalle passioni e con un’interpretazione che sia la più corretta possibile.

CHI DICE NO con molta probabilità non è mai entrato in vita sua in un museo. E se lo ha fatto, la sua concentrazione mentale era presumibilmente dedicata alla migliore inquadratura per farsi dei selfie.

L’ENNESIMA OCCASIONE PERSA. Verosimilmente Virginia Raggi, che non ha provato la minima vergogna a scimmiottare Mussolini facendosi immortalare con il piccone in mano, deve essersi immaginata un festival di fez e saluti romani.

LA SINDACA, purtroppo, non ha pensato che una parte centrale delle esposizioni avrebbe potuto essere dedicata a trattare ed approfondirne i delitti, quali l’infame vergogna delle leggi razziali, la Shoa ovvero il crimine più atroce dell’era moderna e gli infiniti eccidi.

AVREBBE UN VALORE CATARTICO per contrastare il negazionismo e l’ignoranza, al pari delle altre consimili realtà museali già presenti in altri paesi europei.

NESSUNO SCANDALO. Musei analoghi sono stati aperti senza dar scandalo in tanti paesi europei, che pur hanno avuto il fascismo e il comunismo: la Germania ha numerosi musei del nazismo (Berlino, Norimberga, Monaco di Baviera, Colonia e altre città; in Austria a Linz). Molti musei del comunismo si trovano nei paesi occupati dai sovietici: Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Romania. Non sono luoghi ne di scandalo, ne di rievocazione: ma di informazione e di ricordo. 

IL PRESIDENTE della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia, ha addirittura lanciato una meravigliosa controproposta: «Apriamo qui un centro studi sul periodo fascista. La conoscenza di quegli avvenimenti credo sia ancora molto superficiale e per questo l’approfondimento culturale è fondamentale, senza ideologie… Dall’estero ci chiedono di approfondire la nostra Storia. E si aspettano che questi studi vengano fatti nel nostro Paese».

LA PAURA dei contrari al museo è che qualcuno avrebbe potuto dimostrare che il Fascismo abbia fatto anche cose buone.
Ma non ci sono bonifiche o la creazione di istituti di previdenza sociale che possano lavare il sangue delle vittime. Non per niente Roma è, e sempre rimarrà, medaglia d’oro alla resistenza.

DATO CHE CI SIAMO, ci piacerebbe molto che la Sindaca “antifascista” esprimesse la sua opinione sulle infami e violente aggressioni che ogni 25 aprile deve subire la Brigata Ebraica da parte degli “antifascisti” palestinesi, incomprensibilmente invitati a partecipare alla tradizionale sfilata.

UNA COSA INAUDITA. Tra il 1934 e il 1945 intercorreva una solida alleanza tra il Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini (capo spirituale dei mussulmani palestinesi) ed il nazista Heinrich Himmler, il cui obiettivo era la “soluzione finale” con lo sterminio di tutti gli ebrei.

La condivisione dei programmi antisemiti e la comune avversione nei confronti dei sistemi democratici furono tra gli elementi che cementarono le basi di un’intesa politica e militare tra il nazismo e il Movimento Arabo del Gran Muftì. Guarda la foto di Amin al-Husseini che si intrattiene con Adolf Hitler.

UN’ALLEANZA di cui per molti anni poco si è detto e scritto, almeno in Italia, e che una certa storiografia recente ha reinterpretato derubricandola a semplice simpatia. Un silenzio assordante nel nostro Paese, probabilmente dovuto al senso di tutela della sinistra per la “causa palestinese”.

CARA VIRGI, vorremmo tanto sapere che cosa ne pensi ora del museo sul Fascismo e quale posizione prenderai il prossimo 25 aprile.